10 aprile 2008

PAROLA DEGLI ARCHEOLOGI CASERTANI


DA PATRIMONIOSOS LA POSIZIONE E LE ASPETTATIVE DEGLI ARCHEOLOGI DELL'AREA CASERTANA :

BENI CULTURALI NEL CASERTANO: CRESCITA O DISMISSIONE?
2008-04-07

Funzionari Direttori Archeologi Coordinatori degli Uffici per i Beni Archeologici dell’area casertana
L’organizzazione interna del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dal 2000 ad oggi mutato per ben tre volte la propria struttura interna.
Mentre le due precedenti modifiche non sono intervenute sull’articolazione e sui territori di competenza delle singole Soprintendenze, la riforma più recente, della fine del 2007, è intervenuta anche su questi aspetti.
Ovunque queste decisioni abbiano comportato cambiamenti esse non hanno mancato di suscitare polemiche, ribellioni e prese di distanza sia da parte dei funzionari, sia da parte dei sindacati.
Le fibrillazioni con le quali il sistema delle Soprintendenze ha risposto a tali nuovi provvedimenti possono, in parte, ritenersi reazioni fisiologiche, spiegabili con la messa in crisi di consolidate abitudini, con inerzia mentale, con naturale diffidenza verso il nuovo.
Tanto è vero che, nello scorrere i vari comunicati e le lettere aperte inviate dal territorio al Ministro, non di rado si possono rinvenire argomentazioni esattamente opposte tra loro, ma di volta in volta portate a favore della medesima tesi: non si accetta il mutamento dello status quo.
In questi giorni si apprende dalle notizie di stampa della raffica di polemiche suscitate dalle nomine ratificate dal Ministro, On.le F. Rutelli, proposte, a norma del nuovo regolamento di organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dai Direttori Regionali sentiti i Direttori Generali.
Come spesso accade, le tensioni, i comunicati, le smentite e i chiarimenti si concentrano quasi esclusivamente su quest’ultimo aspetto.
Sarebbe invece opportuno rivolgere l’attenzione sugli aspetti di sostanza dell’ultima riforma del Ministero, sulla consistenza del programma culturale sotteso, sulle finalità e sull’impatto che i cambiamenti possono avere sulla tutela e sulla valorizzazione del patrimonio culturale italiano.
In tal senso dubbi e perplessità sono state espresse quando ancora il riassetto delle Soprintendenze non era definitivo sia dalle rappresentanze sindacali, sia dall’Assotecnici.
Oggi, a seguito delle nomine dei Soprintendenti, si sollecitano la comune riflessione e il dibattito sulle prospettive che tali decisioni schiudono alla tutela.
Non risulta, come facilmente intuibile, agevole intervenire su argomenti di tale complessità e in assenza di un dibattito generale, di metodo e di merito, sulle scelte operate dall’autorità politica.
Scelte delle quali non si contesta la legittimità, ma la cui logica si vorrebbe conoscere e intorno alle quali è lecito, e opportuno, aprire la discussione.
Si richiama, nel caso presente, l’attenzione sulla situazione delle Soprintendenze per i Beni Archeologici della Campania, in particolare sulla Provincia di Caserta.
Come noto, in Campania sono nate due nuove Soprintendenze: una autonoma di Napoli e Pompei, comprendente anche tutto il territorio della provincia di Napoli; l’altra di Benevento e Caserta, con giurisdizione sulle due province e sede a Caserta. La terza Soprintendenza archeologica della regione, quella con sede a Salerno, resta praticamente immutata perdendo la sola provincia di Benevento.
In questa sede si decide si tralasciare i problemi connessi all’attuazione logistica delle decisioni ministeriali, all’organizzazione dei nuovi Uffici, alla dotazione organica e finanziaria, tutti aspetti che saranno concretamente curati dalla competente Direzione regionale e dal Dirigente preposto alle Soprintendenze.
Ci cercherà, piuttosto, di contribuire all’individuazione di possibili prospettive storiche e amministrative attraverso le quali traguardare la creazione della nuova Soprintendenza di Benevento e Caserta.
Le province di Caserta e Benevento costituiscono comparti territoriali morfologicamente e geologicamente distinti, tra loro collegati da due passaggi vallivi, quello che passa da Telese e quello che da Maddaloni – Santa Maria a Vico si dirige verso Caudium, quest’ultimo prescelto dalla via Appia, principale collegamento antico tra Roma e l’area adriatica.
Entrambe le province sono ricchissime di evidenze archeologiche, spesso stratificate nel susseguirsi dei secoli, e non è questo il luogo per una disamina puntuale.
La nuova Soprintendenza si pone pertanto a cavallo tra due distretti geografici tra loro differenti, frequentati sin da epoche remotissime, in età storica popolate da un mosaico di popoli italici tra i quali spiccano Etruschi, Campani e Sanniti. La fertilità dei suoli dell’area campana da un lato, la posizione strategica e le risorse naturali dall’altro, resero entrambe le aree della massima importanza per tutta l’età romana e ancora nel Medio Evo, quando si insediarono importanti strutture di controllo e organizzazione del territorio.
Dal punto di vista amministrativo queste aree hanno sempre giocato un ruolo marginale, causato per opposti motivi dalla distanza dal capoluogo Napoli: troppo vicina Caserta, troppo lontana Benevento.
Nell’area del Casertano i Beni culturali, in particolare archeologici, furono vissuti dalle classi dirigenti locali,sin dalle prime scoperte nel XVIII secolo, quale possibile motivo di riscatto rispetto a Napoli attraverso la valorizzazione delle origini etrusche e italiche delle genti qui insediate. Come già autorevolmente osservato, l’Unità d’Italia rappresentò per queste aree una concreta possibilità di affrancamento dal dominio incontrastato dalla oramai ex capitale borbonica.
Non a caso si legano alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio archeologico alcune delle più brillanti ed interessanti imprese culturali del Casertano: il Museo Campano di Capua, fondato nel 1874, e il Museo Allifano, fondato nel 1913. Entrambi avevano uno stretto rapporto con il territorio, sul quale la ricerca avveniva secondo gli standard del tempo: più organicamente organizzata la Commissione per la Conservazione dei Monumenti ed Oggetti di Antichità e Belle Arti nella Provincia di Terra di Lavoro, ugualmente interessate e illuminata l’istituzione di una Commissione Archeologica Comunale a Piedimonte di Alife nel 1926.
Nel corso del “900, attraverso il progressivo intensificarsi dell’azione di tutela da parte della Soprintendenza, prima alle Antichità della Campania poi di Napoli e Caserta, si sono non solo moltiplicate le scoperte, ma si è rafforzata la consapevolezza della consistenza e dell’importanza dei siti archeologici di Terra di Lavoro, e non solo a livello scientifico.
Nonostante i danni bellici, il declino economico e culturale, l’indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali, il degrado ambientale e sociale che hanno progressivamente devastato e sfigurato la piana campana, con una rimarchevole continuità dal Dopo Guerra ad oggi, la Soprintendenza ha con costanza e determinazione condotto la sua azione di tutela e valorizzazione lungo l’arco di 60 anni.
Qualora ci si fermi a riflettere, ad esempio, sull’incidenza sul territorio dell’opera della Soprintendenza si rimarcherà come tutti i principali centri antichi dell’area siano stati sottoposti a tutela e come in essi si siano svolti,o in svolgimento, scavi e opere di valorizzazione.
L’attività di controllo del territorio è stata intensificata attraverso l’apertura di uffici distaccati a Succivo, Maddaloni, Santa Maria Capua Vetere, Calvi Risorta, Alife, Teano, Sessa Aurunca, Mondragone, a molti dei quali sono oggi associati un Museo e un sito archeologico aperti al pubblico, tangibile segno di restituzione ai cittadini residenti del patrimonio locale in termini di conoscenza e fruizione.
Questa opera discreta, ma ferma, condotta dai funzionari sotto la guida di Soprintendenti lungimiranti e attenti alla continuità e alla coerenza dell’azione amministrativa, ha prodotto negli ultimi anni tangibili risultati in termini di sensibilizzazione di un territorio difficile sotto molti aspetti, ma anche dalla potenzialità enormi.
Non solo l’utilizzo di Fondi Regionali Europei ai fini di valorizzazione del patrimonio, ma anche il senso di responsabilità e l’apertura dimostrata verso l’opera della Soprintendenza da parte degli Enti territoriali nella programmazione sia di strumenti urbanistici, sia di opere pubbliche dimostrano la crescente condivisione dei comuni doveri, sanciti dalla Costituzione, verso il patrimonio culturale. Con l’aiuto degli Enti territoriali, il Ministero ha nel corso dell’ultimo decennio contribuito alla capillare diffusione e divulgazione delle conoscenze nei distretti geografici un tempo occupati dai Sanniti, dagli Aurunci, dai Campani, dai Sidicini.
Il clima positivo e la crescente sensibilità da parte dell’opinione pubblica locale da un lato incoraggiano ad accogliere con speranza la nascita della nuova Soprintendenza di Benevento e Caserta, dall’altra caricano quest’ultima di più gravose responsabilità verso il territorio.
Nel taglio del “cordone ombelicale” con l’Ufficio di Napoli potrebbe cogliersi l’occasione per constatare il livello raggiunto dalle attività sul campo, il maturarsi di condizioni per l’esercizio di una tutela ancora più attenta e condivisa con il territorio, la necessità dell’esercizio autonomo dei compiti di valorizzazione specificatamente studiato per rispondere ai bisogni locali: in ultima analisi la possibilità che, nel concreto, il percorso di riscatto culturale e civile di queste province attraversi anche il campo dei beni culturali, e nella fattispecie archeologici, così come accadde subito dopo l’Unità d’Italia.
La dipendenza da Napoli, se da un lato ha condizionato pesantemente l’entità delle somme impiegate nell’azione di tutela e nei lavori di valorizzazione stante l’importanza dei giacimenti culturali dell’area napoletana e flegrea, dall’altro ha apportato indubbi benefici anche al Casertano che si è potuto avvalere di una struttura e di professionalità di alto livello abituate ad operare sui maggiori siti archeologici e a gestire cantieri di scavo e restauro tra i più importanti d’Italia.
Il costante rapporto con Napoli ha inoltre assicurato un retroterra culturale di primissimo rango nel rapporto e nella presenza delle Università, delle quali ben tre annoverano Corsi di laurea e Dipartimenti di Archeologia.
Il venir meno di tale diretto rapporto, per quanto come ovvio non definitivamente interdetto, investe di maggiori responsabilità nel campo dell’agone per la difesa e la diffusione dei beni culturali la Soprintendenza e la giovane Facoltà di Lettere di Santa Maria Capua Vetere. Dai comportamenti e dalle scelte strategiche di politica culturale di queste Istituzioni dipenderanno nei prossimi anni molto più che il semplice destino della tutela e della ricerca.
Entrambe si troveranno in un futuro niente affatto remoto di fronte a importanti scelte.
Nell’attuale contesto socio economico, anche alla luce dei più recenti avvenimenti di cronaca, la capacità di dare risposte appropriate e di esercitare in concreto funzione di guida e di sprone per la crescita culturale impongono una consonanza di intenti e condotte coerenti nei programmi e nelle attività tali da rafforzare ed accrescere il clima di fiducia nel raggiungimento di obiettivi di crescita culturale, civile e sociale.
Non sarebbe opportuno in linea generale disattendere a tali compiti, non è possibile nelle terre di Gomorra.
Serve un’opinione pubblica informata e partecipe che funga da sprone a da controllo di quanto si va realizzando.
Servono occasioni molteplici per ribadire e rafforzare la nascente consapevolezza dell’immenso patrimonio culturale locale, sopratutto da parte dei giovani.
L’elaborazione di strategie in accordo con gli operatori culturali del territorio è un obiettivo di medio- lungo periodo, certamente del massimo interesse. E pur tuttavia, non va sottovalutato che nel breve periodo servono non solo obiettivi appropriati, ma anche risorse sia finanziarie, sia umane all’altezza dei compiti e tali da imprimere una spinta decisiva alla crescita culturale del territorio, tale da rendere i processi virtuosi difficilmente reversibili.
Ha inteso il Ministero dotare il nascente organo periferico degli strumenti idonei a svolgere tali gravosi compiti?
Al momento si conosce solo il nome del dirigente designato.
Non è stata indicata una sede fisica nell’ambito del Comune di Caserta, come del pari dovranno individuarsi le dotazioni organiche e gli uffici centrali della nuova Soprintendenza.
Non consola quanto tramandato dalla memoria collettiva circa la precedente, e traumatica, separazione di Pompei da Napoli a seguito del terremoto del 1980.
Non solo il contesto è cambiato, ma ci si augura che anche le metodologie di intervento siano improntate a criteri di efficienza, efficacia e trasparenza aggiornati al principio di responsabilità che lentamente si sta facendo strada nella gestione della cosa pubblica in Italia.
I Beni Culturali sono per la Terra di Lavoro e per il Beneventano una delle poche risorse immediatamente utilizzabili non solo per innalzare i livelli di qualità della vita dei cittadini residenti, ma anche per costruire uno sviluppo sostenibile e duraturo di attività di accoglienza e turistiche, verso le quali entrambi i distretti sembrano vocati per l’indiscutibile bellezza del territorio che, nonostante tutto, ha mantenuto il fascino di un paesaggio ancora largamente simile a quello goduto dai più antichi abitanti della Campania, amato da Federico II, ricercato per le dimore agresti dai nobili della corte napoletana del XV e XVI secolo, prestigiosa sede di caccia dei re di Napoli.
Chi scrive è abituato ad operare nel silenzio, come si dice “a testa bassa”, animato solo dallo spirito di servizio e dal senso di responsabilità verso i beni archeologici della regione e in ossequio alla necessità non solo di preservarli per il futuro, ma anche di consegnarli alle cure di chi è il primo erede di una storia tanto illustre e complessa: i cittadini.
Queste pagine vogliono richiamare l’attenzione sulla delicatezza del momento, sull’importanza delle scelte che saranno operate e sulla necessità che il territorio tutto partecipi di tali decisioni che potranno avere conseguenze concrete tanto in termini positivi, quanto in termini negativi.
Qualora il nuovo organo non venisse dotato delle risorse necessarie e sufficienti per un buon funzionamento, ovvero non si attrezzasse per sostenere l’elevato livello di tutela e di iniziative attuali, le conseguenze non tarderebbero a manifestarsi.
L’impianto culturale che dipende dalla Soprintendenza è caratterizzato da una struttura diffusa sul territorio, funzionante a regime attraverso la maglia di distribuzione della sede di Napoli. Da oggi tutto ciò è posto in una situazione di fragilità estrema, che ci si augura cessi al più presto sostituita da un’alacre opera di rafforzamento delle fondamenta stesse dell’edificio, nonché dalla creazione di un ufficio centrale che sia in grado di coordinare e dirigere in armonia e con efficienza la nuova Soprintendenza per non vanificare i risultati di decenni di impegno dell’Amministrazione e garantire la continuità e l’esercizio delle attività con gli standard oramai acquisiti.

I Funzionari Direttori Archeologi Coordinatori degli Uffici per i Beni Archeologici dell’area casertana:
Elena Laforgia, Colonna Passaro, Valeria Sampaolo, Antonio Salerno, Francesco Sirano, Enrico Angelo Stanco, Luigi La Rocca, Maria Grazia Ruggi d'Aragona; Luigina Tomay.

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